La Via Alchemica in una Rivisitazione del Tarocco del Carro


Da ormai qualche anno desidero disegnare un mazzo di Tarocchi in chiave Alchemica, ma prima di “gettarmi in questa impresa”, ho preferito dedicarmi allo studio dell’evoluzione iconografica degli Arcani Maggiori dal punto di vista dell’Esoterismo Tradizionale [1] . Nell’attesa, mi è capitato di partecipare a un’iniziativa di gruppo, nella quale ho realizzato una mia interpretazione del Tarocco del Carro. Questo progetto prevedeva che persone con esperienze diverse, tanto nella vita che in ambito esoterico, scegliessero una tra le 22 carte dei Tarocchi e la realizzassero usando la tecnica artistica che consideravano più congeniale per esprimersi (illustrazione, computer grafica, collage, scrapbooking, tessitura, ecc.). La forma del mazzo poteva essere sia quadrata che rettangolare e io ho scelto  tra le carte restanti del mazzo quadrato. Lo scopo finale di questo “gioco” era compiere un Viaggio nel quale ci saremmo rispecchiati nei significati di una carta che sentivamo affine (od ostile), creando un mazzo comune. Senza alcuna pretesa di tradizionalismo ci siamo lasciati guidare esclusivamente dal desiderio di farci coinvolgere dai simboli e alla fine ognuno ha consegnato la sua carta, con tanto di parafrasi personale. Quella che segue è la spiegazione del mio Tarocco.


In origine (1442) il gioco dei Tarocchi si chiamava Ludus Triomphorum, (Gioco dei Trionfi) e solo dal XVI prese il nome di Gioco dei Tarocchi. Nel VII Arcano questa idea di “trionfo” trova la sua perfezione, in quanto la carta rappresentata è un cocchio trionfale, simile a quello che i consoli vittoriosi e gli imperatori usavano per andare in Campidoglio a ricevere il triunphum. Nel mazzo Visconti, che è uno dei più antichi (1450), il Carro viene trainato da due cavalli bianchi alati, guidati, senza briglie, dalla rappresentazione tardo medioevale/rinascimentale della Fama. L’immagine femminile, nelle fattezze di una Donna regale con i simboli del potere imperiale nelle mani (lo scettro e il globo), fu rapidamente sostituita dalla figura di un condottiero vittorioso, come quello delle carte di Carlo VI (Il Tarocco Gringonneur). Nel corso dei secoli, anche l’iconografia dei cavalli subì dei cambiamenti, forse a causa del loro stesso significato che richiamava alla mente il mito della biga alata di Platone, riproposto nel Rinascimento dalla corrente ermetico-neoplatonica del cenacolo fiorentino presieduto da Marsilio Ficino.

Il mito del Carro si trova nel Fedro2 e servì a Platone per spiegare che la tensione spirituale verso la conoscenza (il Nosce te Ipsum Delfico3) era provocata dall’Immortalità stessa dell’Anima, la quale voleva e poteva sottrarsi al ciclo delle rinascite4, attraverso un processo di reminescenza5 chiamato Anamnesi Platonica6. Secondo il filosofo Ateniese, l’Anima aveva perso le ali ed era precipitata sulla terra, ma vita dopo vita, ogni volta che percorreva la Via del bene e della saggezza, ricordava gli istanti durante i quali si era potuta sollevare al di sopra delle passioni, gettando uno sguardo nella “regione iperuranica”: nel « campo della verità » dove si trova il « pascolo adatto alla parte migliore dell’anima, onde si nutre la natura delle ali per cui l’anima si libra in alto7 ». Solamente ogni diecimila anni è possibile tornare « colà donde [l’Anima] mosse e recuperare le ali », ma ai Filosofi è concesso abbreviare di 3000 anni questo ciclo, perché, con la loro arte immaginativa e speculativa, possono contemplare più a lungo «la pianura» e ricordarsi meglio la strada del ritorno. Gli ostacoli disseminati lungo il percorso sono creati dall’essere umano, che tiene una metà di se stesso nell’ignoranza8, cioè in una sorta di disequilibrio conflittuale interno, che lo porta alla “non conoscenza” dei meccanismi delle sue due Menti (i Cavalli), con conseguente incapacità di controllo sulla totalità del suo Essere Individuale (Auriga che si fa guidare dai suoi Cavalli) 9:

« (XXV,246) [l’Anima è simile] ad una congenita forza alata d’una coppia di cavalli e d’un auriga: ma i cavalli e gli aurighi divini son tutti buoni e di buon lignaggio; quelli degli altri: misti. E in primo luogo, nel caso degli uomini, l’auriga guida, sì, la pariglia, ma dei suoi cavalli l’uno è eccellente e di razza eccellente, l’altro di pessima razza e pessimo esso stesso; e per conseguenza l’opera dell’auriga non può non riuscir penosa e difficile. Cosicché quando gli Dei guidano i loro carri (XXVI,247-8) […] ascendono verso il culmine della volta celeste per una via erta, dove i loro carri, bene equilibrati e perciò agevoli a guidare, s’avanzano con facilità, ma gli altri a stento, perché il cattivo cavallo fa peso, inclinando verso la terra e trascinando l’auriga da cui non sia stato convenientemente addestrato. E qui l’anima ha da sostenere lo sforzo e la prova più ardua. Giacchè le anime che si dicono immortali, giunte sull’alto, uscite fuori, si fermano sulla volta celeste e, tratte in giro dal moto circolare, contemplano tutto quello che è al di fuori del cielo. »

Impossibile non sentire l’eco di queste parole nell’Antro delle Ninfe di Porfirio, laddove si parla di “Anime Immortali che ascendono agli Dei attraverso le parti Meridionali”10, così come non si possono non intravedere probabili contaminazioni culturali11 tra le Upanishad Indiane e il Mito del Carro di Platone12, leggendo questi passi scelti:

« [Upanishad Svetasvara, II, 9 ]: L’aspirante deve tenere la mente sotto perfetto controllo, come un cocchiere tiene alle redini i destrieri bizzarri. [Katha Upanishad I, III, 3] Il corpo é simile a un carro di cui l’Atman é il padrone. […] quando l’io resta associato al corpo e agli oggetti corporei dei sensi, anche la mente diventa irrequieta, al pari di un cavallo riottoso nelle mani del guidatore. Allora l’uomo perde se stesso [I, III, 5]. Ma quando si ha il controllo della propria mente attraverso una severa padronanza dei sensi e si acquista la discriminazione, si acquista un potere completo sui sensi, proprio come il guidatore padroneggia cavalli addestrati. [I, III, 6]»

L’altra importante influenza sulla formazione ideologica della carta del Carro, proviene dall’Esoterismo Ottocentesco. In quel periodo, coloro che si interessavano ai Tarocchi erano fortemente debitori del pensiero occultista di Eliphas Levi e mescolavano elementi Egizi con insegnamenti provenienti dalla Qabbalah. Da Oscar Wirth (1889) in poi, i due cavalli vennero, quindi, sostituti da altrettante Sfingi Egizie e il significato del Carro risentì degli influssi ebraici del percorso mistico del Maase Merkavà, la Via o l’Opera del Carro. Questo cammino si fondava sul primo libro di Ezechiele (I, 5-28), nel quale Dio si rivela splendente al Profeta, su un carro cosmico guidato dai Chayot, le 4 creature viventi:

« [5] Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana [6] e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. […] [10] Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila. […] [21] Quando essi si muovevano, esse si muovevano; quando essi si fermavano, esse si fermavano e, quando essi si alzavano da terra, anche le ruote ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell’essere vivente era nelle ruote. […] [26] Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffìro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. [27] Da ciò che sembrava essere dai fianchi in su, mi apparve splendido come l’elettro e da ciò che sembrava dai fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore [28] il cui aspetto era simile a quello dell’arcobaleno nelle nubi in un giorno di pioggia.»

L’immagine dei Chayot fu ripresa da Giovanni nell’Apocalisse [IV, 4-7], che però attribuì un solo aspetto a ciascuno dei quattro esseri, che accompagnavano il trono divino:

«[4] Attorno al trono, poi, c’erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo.[5] Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. [6] Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e di dietro. [7] Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l’aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l’aspetto d’uomo, il quarto vivente era simile a un’aquila mentre vola. »

S. Ireneo fu il primo a collegare i quattro Evangelisti13 alle quattro creature viventi14, così come descritte da Giovanni e da allora: Marco fu associato al Leone (Fuoco), Giovanni all’Aquila (Aria), Matteo a una Figura Angelica o Femminile (Acqua) e Luca al Toro (Terra)15. Questi 4 animali sono gli stessi che Crowley (1944) usò al posto dei due cavalli per il suo Tarocco del Carro, mentre Wirth preferì le Sfingi, non solo come riferimento all’Arcana Sapienza Egizia, ma forse anche come immagine simbolica dei Cayot di Ezechiele, dato che questi esseri hanno contemporaneamente corpo taurino, ali d’aquila, zampe di leone e testa di Donna.

Partendo da queste premesse storico-simboliche, ho cercato di trasportare la mia rappresentazione del Carro nella nostra epoca, provando a racchiudere in esso i significati del passato, del presente e tutte le suggestioni esoteriche occidentali e orientali che questo Arcano suscita in me.

IL NOME

Ho scelto di ribattezzare il settimo Arcano con il nome di Veicolo, ispirandomi al termine Indiano Yâna, che vuol dire, sia Veicolo che Via e Risveglio. Non vi era parola più adatta di questa, per rappresentare tanto il tradizionale mezzo di trasporto del Vincitore, che la natura dell’impresa compiuta per elevarsi.

L’AURIGA

Esistono 3 scuole Buddiste che usano il termine Yâna,: La Scuola del Grande Veicolo (Mahayana), la Scuola del Piccolo Veicolo (Hinayana) e la Scuola del Vicolo di Diamante (Vajrayana).

Tentando una sintesi di queste tre correnti filosofico-religiose, al posto di un Condottiero Trionfante, ho messo Tara la compassionevole16, un Bodhisattva femminile, che rappresenta la Vittoria sulla vacuità di ogni Dualismo, attraverso la coscienza del suo intrinseco Relativismo.

Pur richiamandomi alla prima rappresentazione del Carro guidato da una figura femminile, volevo che la carta mostrasse che ogni trionfo materiale deve poggiare sulle solide basi della realizzazione interiore, altrimenti, qualunque successo sarà effimero e senza futuro, qualsiasi impresa per quanto apparentemente gloriosa, sarà destinata a fallire. Per rafforzare simbolicamente la scelta di un Avatar, ho posto in grembo a Tara, un Alambicco Alchemico, conosciuto come il Pellicano: la Madre che nutre i figli, carne della sua carne, con il proprio sangue. Coloro che cercano (e trovano) la loro realizzazione, non possono, infatti, godere egoisticamente dei frutti della loro ricerca, ma “devono tornare” dal Viaggio, per confermare che chiunque può cambiare, poiché tutti abbiamo in noi stessi l’Energia e gli Elementi necessari per automiglioraci e autorigenerarci.

IL CARRO

Il Carro su cui viaggia Tara, non poteva essere che un fiore di loto, come quello sul quale siede il Buddha in meditazione, sovrastato dal Cobra Kundalini. Il nelumbo induista e la nostra ninfea, sono, infatti, piante speciali, che celano in se stesse il segreto della conciliazione degli opposti, perché pur affondando le loro lunghe radici nel fertile fango della trasformazione, emergono candidi e bellissimi da questa putredine. Allo stesso modo, l’essere umano deve saper trasformare in Forza, anche le peggiori situazioni o sconfitte che incontrerà nella sua vita, deve comprendere la forma e il senso del caos del suo sostrato esistenziale, della sua nigredo psicologica, trasmutando l’esperienza in consapevolezza:

« Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. [3] Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu17.»

In questi termini, il nelumbo insieme alle due Colonne serpentiformi che costituiscono il resto dell’impalcatura, sono una metafora della Via Alchemica, che come un enorme fiore/vaso distillatore piramidale, indirizza, unifica e perfeziona le forze provenienti dal basso spingendole verso l’alto in una visione di totale armonia e serenità, come si legge sul viso della stessa Tara:

« Beato », infatti, « chi sa allargare il proprio orizzonte ed elevare le proprie mete, oltre le frontiere delle cose apparenti » (Amadeus Voldben).

Ogni Colonna è un Caduceo, che rappresenta i tre canali di energia Ida, Pingala e Shushumna con i classici 7 incroci. A ogni incrocio corrisponde un Chakra, il cui significato è ruota e proprio questa idea di un punto dove l’energia si concentra e si distribuisce attraverso un movimento rotatorio ininterrotto, fa subito pensare alla Distillazione Interiore portata avanti dai due emisferi cerebrali con continue operazioni sinergiche di Solve et Coagula mentali. Il Carro, per procedere, non ha quindi bisogno di altre ruote che di “queste”, così come le redini diventano inutili, se le ali perdute dall’Anima di Platone, si trasformano in quelle della Dea Egizia della Giustizia e dell’Equilibrio. Per questo motivo, le ali di Maat, simili all’alloro che circonda le tempie dei vincitori, coronano la testa del Cobra, come simbolo della raggiunta capacità dell’Auriga di radicarsi in se stesso, mentre guida la sua vita verso mete sempre più elevate:

« […] noi cerchiamo di penetrar la causa della caduta delle ali, perché cioè, l’anima le perda. E penso che possa esser questa: (XXVI, 246-7) La virtù delle ali è di portare in alto ciò che pesa, sollevandolo sino alla sfera abitata dagli dei, e però più di ogni cosa corporea essa partecipa del divino: e il divino vuol dire bellezza, sapienza, bontà ed ogni altra cosa somigliante. Di ciò soprattutto si nutrono e si fortificano le ali dell’anima; ma per effetto di quel che è turpe si, cattivo e simile , si sciupano e periscono18. »

I CAVALLI

I Romani usavano il termine persona, per indicare la maschera, mentre noi usiamo la stessa parola per designare l’Individuo in sé. L’origine di questa fusione semantica si spiega con il fatto che i popoli antichi scoprirono che il Teatro aveva una funzione catartica, e le maschere rappresentavano precise tipologie ed energie caratteriali19, nelle quali tutti si potevano rispecchiare o dietro alle quali ciascuno si potevano nascondere.

Basandomi sullo stesso principio e usando in modo “moderno” la legge delle corrispondenze, ho trasformato i quattro elementi fisici e magici (le stagioni, le forze della natura, i 4 punti cardinali, ecc.) in elementi psichici20 e ho rappresentato i quattro temperamenti di Ippocrate (il sanguigno, il malinconico, il collerico e il flegmatico), come maschere teatrali calpestate dall’animale collegato al loro Elemento. Spesso, infatti, la Personalità, non è altro che una finzione dietro alla quale regna il caos degli Elementi caratteriali, ma questo conflitto potrebbe essere superato semplicemente con la conoscenza degli stessi, attraverso una presa di possesso, “un catturare che è un comprendere21”. Al posto dei due cavalli e delle sfingi, ho preferito anche io, mettere 4 animali cosmici, in riferimento ai 4 Elementi, ma li ho scelti in base a caratteristiche alchemico psicologiche e simpatie totemiche personali. Ho disegnato così, la Tartaruga, lenta e pesante, ma inarrestabile forza concreta, il Falco, visione lungimirante, che osserva le cose dall’alto22, il Drago, fonte inesauribile di Energia da canalizzare e il Delfino, empatico e intuitivo padrone/salvatore del mare psichico.

Per maggiore chiarezza, sul pavimento bianco e nero, simbolo « dell’eterno allacciamento23 » degli opposti, ho disposto, vicino a ogni maschera, i nomi dei quattro elementi psichici “del nostro tempo”: il Super Io o censore, l’Es o inconscio, l’Io o Ego elemento conscio, organizzatore dei due precedenti, (secondo Freud) e il Sé, la totalità psichica che comprende la parte conscia e inconscia (per Jung). Agli occhi di un Bodhisattva, anche queste sfaccettature dell’Essere non sono altro che frammenti illusori di uno stesso disegno, ma l’unico modo per vincere la propria partita sulla Scacchiera della vita, è conoscere la funzione e quindi le capacità di ogni singolo pezzo in gioco.

ALTRI SIMBOLI

Vi sono altre simbologie rafforzative, celate nella carta, per esempio: il Tao sull’alambicco, il fiore a sette petali, che è il numero degli scalini dell’iniziazione nel mondo antico (e quindi non a caso il numero stesso della carta del procedere trionfale), l’arcobaleno sotto le ali, la volta stellata, la forma a Stella di Salomone ottenuta con la sovrapposizione delle maschere con gli elementi corrispondenti. Apparentemente inusuale potrebbe sembrare l’immagine del Lombrico, ma questo in realtà cela profondi significati alchemici, per cui, il suo posto, è sopra la piccola pietra nera, che è il fondamento di tutta “l’Opera Nostra”. Il “serpente della terra”, infatti, si dedica, anima e corpo al V.I.T.R.I.O.L, trasformando e rendendo fertile la nera terra, ma è anche una creatura Ermafrodita, con capacità di autofecondazione e autorigenerazione come la materia prima degli alchimisti:

« Cammina senza gambe e non ha ali. Questo drago può “nuotare” attraverso la Terra! Non ha bisogno di polmoni perché è pensato in maniera così perfetta che assorbe l’ossigeno che gli serve attraverso la pelle. Muovendosi, costruisce delle strade perfette attraverso il suolo. Anche queste strade sono impermeabili e diventano i sentieri che le piante usano per dirigere le loro radici al centro della Terra. I sentieri che la pioggia usa per irrigare il suolo in profondità. E le strade dalle quali sfiatano i gas dalla Terra, diventando nuvole per purificare nostra Madre Terra. Pensate che anche se questo fosse l’ultimo drago sulla terra, è così importante che gli è stato dato il potere di autofecondarsi. Questo drago non conosce la morte e in condizioni favorevoli può vivere per sempre. Non solo: sboccia con le piante in sincronia con la loro stagione. Il drago non giace su un mucchio d’oro, tuttavia qualsiasi cosa tocchi si arricchisce cento volte di più. Attenzione, questo drago può mangiare tutto! Vetro, pietre, sostanze vegetali o animali, tutto è cibo, e non ha denti24

Questo piccolo e magico « Drago della Terra », considerato, ingiustamente, la creatura più umile di tutte è, dunque, l’unico essere vivente che può porsi con fierezza sul cammino del Vincitore, per ammonire tutti coloro che si rispecchiano in questa carta, che:

« Il carro rappresenta la realizzazione, la vittoria finale in un senso non solo materiale, ma anche spirituale. E’ altrettanto indicativo del fatto che il soggetto non deve farsi trascinare dal successo, nè deve schiacciare tutto ciò che trova sul suo cammino. Lo stesso carro infatti può essere capovolto e ciò che inizia con un trionfo potrebbe finire con una catastrofe25 ».

Il Lombrico è, dunque, l’Immagine Riflessa del Bodhisattva stesso, perché, come insegna il Buddhismo: l’Altruismo, (senza il quale non vi sarebbe condivisione), è il più grande Trionfo per tutti:

« coloro che possiedono la Bodhicitta, ( Bodhi” significa illuminazione e “cìtta” significa mente) sono quegli individui che si considerano in basso e mettono tutti gli altri a un livello superiore. La responsabilità nei confronti degli esseri viventi non è quella disposizione mentale per cui guardiamo gli altri dall’alto in basso, ma è l’attitudine con la quale ci poniamo di fronte al nostro maestro, ai nostri genitori, agli anziani. Ed è per questo che nella pratica di Bodhicitta si recita il verso “Possa io essere il servo di tutti gli esseri viventi“. […] Dal punto di vista buddhista la cosa più significativa che possiamo tirare fuori dalla nostra vita umana è l’altruismo. Sicuramente ci sono tanti altri significati, tante altre cose che hanno un senso nella vita umana, ma quella che ha il valore più alto è l’attitudine altruistica: la mente altruistica, i pensieri altruistici, l’azione altruistica26

Arthea (Elena Frasca Odorizzi, Marzo 2009)

NOTE

1 Vedi su Riflessioni.it, il mio L’evoluzione della Simbologia degli Arcani Maggiori nei mazzi di Tarocchi delle Scuole Esoteriche Tradizionali del XIX – XX secolo, tra Ermetismo e Magia.

2 PLATONE, Tutte le Opere, Milano, Sansoni Editore, 1993, Fedro, XXIV – XXIX, 245-249

3 « [67] Gesù disse: “Colui che conosce il tutto, ma è privo (della conoscenza) di se stesso, è privo del tutto”. » Vangelo Gnostico di Tomaso.

4Cfr. anche le credenze degli Orfici e dei Pitagorici nella Metempsicosi.

5 Va detto, però, che Platone scambia l’intuizione e le altre abilità degli emisferi cerebrali per un sapere preesistente e dimenticato al momento della nascita (cfr. Orfici e Pitagorici). Questo sapere non avrebbe niente a che vedere con l’esperienza sensibile, ma verrebbe risvegliato gradualmente con l’aiuto della conoscenza intellettiva degli oggetti sensibili. Al contrario, nella psicoterapia moderna, pur restando assolutamente valido il concetto di base che “Conoscere è Ricordare”, la reminescenza emerge grazie all’analisi dell’esperienza accumulata nelle varie età della vita che stiamo sperimentando qui e ora, senza tirare in ballo vite precedenti.

6 Cfr la Maieutica Socratica. Per Socrate il saper porre la domanda giusta, il saper domandare è essenziale per saper interpretare e quindi saper comprendere.

7 PLATONE, Fedro, XXVIII , 248

8Cfr. Il Mito della Caverna.

9A questo proposito vedere la mia riflessione sull’Alchimia Spirituale e gli Emisferi Cerebrali, su Riflessioni.it

10 « Due sono le porte, l’una che scende verso Borea è per gli uomini, l’altra verso Noto ha (un carattere) più divino;
per di là non entrano gli uomini, ché è la via degli immortali. […] E rettamente gli ingressi dell’antro volti a Borea discendono per gli uomini, mentre le parti di Meridione non sono proprie agli dèi, ma a coloro che ascendono agli dèi.» Porfirio, L’Antro delle Ninfe (De antro Nympharum), Collezione Sebastiani, Milano, Archè, 1974 , XXIII, p. 46 . Il libro può essere consultato su Zenit http://www.zen-it.com/symbol/porfirio.htm

11Il carro era evidentemente una immagine quotidiana per quel tempo, ma attraverso l’Asia Minore (dove sorse la Filosofia Naturalistica), vi è sempre stato un flusso di scambio tra Occidente e Oriente.

12Vedi: Paolo Scroccaro, Platone e le Upanishad, in http://www.estovest.net/tradizione/platoupanish.html

13 Gli Evangelisti erano visti come i quattro pilastri del mondo cristiano.

14 S. Ireneo, originario dell’Asia Minore, fu Vescovo di Lione (180 d. C. circa). Difese la scelta di soli 4 Vangeli , adducendo come l’analogia con i 4 punti cardinali, i 4 esserei viventi dell’Apocalisse, i 4 fiumi del Paradiso, ecc. Di conseguenza associò anche i 4 Evangelisti alle 4 Creature Viventi dell’Apocalisse di Giovanni. Questo portò in seguito anche alla creazione di una “tabella di corrispondenze” usata dai Maghi in riferimento al Tetragrammaton, cioè le 4 lettere del nome di Dio, in associazione ai 4 elementi, le 4 direzioni astronomiche, i 4 segni zodiacali fissi, ecc.

15 Questa è l’attribuzione rivista e imposta da S. Girolamo, perché la sua motivazione la più convincente: « Matteo è raffigurato dall’uomo perché nella prima pagina riporta la genealogia di Gesù, e dunque parla della sua origine umana. Marco invece è il leone perché nella prima pagina presenta il Battista che, come un leone, grida la sua testimonianza nel deserto. Luca è rappresentato dal toro perché introduce come primo personaggio del suo racconto Zaccaria, il padre del Battista, il quale, essendo sacerdote del tempio, come tale offriva sacrifici di tori. Giovanni infine è l’aquila, per il volo sublime dell’inno al Verbo con cui si apre il suo sublime vangelo. Per S. Ireneo l’Aquila, invece, era il simbolo di Marco e il Leone di Giovanni. » Vedi: GIANCARLO BIGUZZI, I simboli dei 4 Evangelisti, http://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/biguzzi140907.htm

16 Compassione, dal latino Cum Pateo, cioè soffrire con qualcuno, sentire la sofferenza di un altro essere vivente, condividere un sentimento, sentirsi vicini, quindi comprendere. In sanscrito si dice karuna.

17 Genesi I, 2-3: [2]

18 PLATONE, Fedro, XXV, 245-6

19Cfr. Le maschere del Teatro Giapponese Noh.

20 Cfr. dai 4 umori e i 4 temperamenti di Ippocrate (V sec. a. C.), passando per i significati attribuiti ai 7 gradi collegati ai pianeti, fino ad arrivare alla rielaborazione dei 4 temperamenti fatta da Steiner, l’Ennegramma di Gurdjeff, le 16 personalità di Jung, i modi di essere difensivi della Gestalt, ecc.

21 Zenone, il fondatore dello Stoicismo, rappresentava il processo cognitivo con la figura di una mano. La quarta immagine era rappresentata dalla Mano chiusa per indicare la Katalepsis, la presa di possesso. Cfr. MAX POHLENZ, La Stoa, Storia di un Movimento Spirituale, 2 Volumi, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1978

22 Cfr. anche alla stampa alchemica del Symbola Aureae, p. 192, in JOHANNES FABRICIUS, Alchimia, l’Arte Regia nel simbolismo medievale, Roma, Meditarranee, p. 55, fig. 82, . In essa una Rana e un Falco sono collegati da una catena, indicando l’unione tra l’animale terracqueo e quello celeste, cioè le continue distillazioni della stessa materia che passa dallo stato disciolto a quello volatile con successiva ricaduta e rimescolamento continuo.

23 Cfr. la parola Tantra e Telaio che derivano dalla stessa radice sanscrita tan, (annodare, allacciare, azione del tessere, unione sessuale) nel mio L’Alchimia Sessuale, il suo significato e i suoi rapporti con la Magia Sessuale delle Scuole Esoteriche Tradizionali del XIX – XX secolo, su Riflessioni.it .

24 Rocky C. Storm, Il lombrico, drago magico che fertilizza il suolo. http://www.catpress.com/planet/terra/clombri.htm

25 CECILIA GATTO TROCCHI, I Tarocchi, Milano, Tascabili Newton, 1995, p. 49

26 Parole del Lama Geshe Gedun Tarchin http://www.geduntharchin.it/gt_index.asp

Elena Frasca Odorizzi

Libri citati

– PLATONE, Tutte le Opere
– 
PLATONE, Fedro
– 
MAX POHLENZ, La Stoa,  Storia di un Movimento Spirituale
– 
JOHANNES FABRICIUS, Alchimia, l’Arte Regia nel simbolismo medievale
– 
CECILIA GATTO TROCCHI, I Tarocchi